Vicini alla Pasqua!

Ciao,
nell’approssimarsi della Settimana Santa ancora un altro regalo è offerto alla nostra compagnia di amici:
potrai leggere qua sotto le accorate righe che ha voluto scriverci Valentina. Conosciuta da tutti noi: mamma, catechista, amica, volontaria in oratorio; Valentina è medico, da poco il suo ambulatorio è a Groppello e così opera in prima linea nelle nostre case ed al capezzale di tanti nostri amici.
Grazie per questo gesto di confidenza che ha voluto donarci.

Per quanto riguarda le celebrazioni Pasquali ho riflettuto sulla opportunità di celebrare i riti della settimana santa … in fondo sono trasmessi anche dal nostro vescovo e dal Papa.
Eppure la chiesa di Groppello non è rimasta priva delle Celebrazioni Pasquali neppure in tempi di guerra, neppure sotto i bombardamenti e nemmeno in tempi di agitazioni politiche e sociali.
Magari in tono un po’ sommesso e con tutti i limiti di questo sgangherato parroco, ma Groppello avrà anche quest’anno i riti della passione e celebrerà la Pasqua

… e le nostre campane continueranno a suonare!

 

Ciao Don,
eccomi qui a scriverti due righe su questo momento e, cosa dirti… che sicuramente tre mesi fa, quando ho iniziato l’incarico provvisorio, non mi sarei certo aspettata di dovermi trovare ad affrontare una situazione così difficile sia dal punto di vista professionale che umano.

Fino ad ora ho lavorato tutti i giorni cercando di dare il meglio di me e di stare vicino a tutti i pazienti che ho incontrato in ambulatorio, ma la cosa più difficile da affrontare è stata la paura che tutte queste persone avevano quando gli dicevo che dovevo ricoverarle perché forse, la loro polmonite era da coronavirus; il terrore nei loro occhi di non poter tornare dalle loro famiglie mi bloccava ma dovevo farmi forza e cercare di rassicurarli, convincendoli che questa era la cosa migliore per loro e che, solo con le cure giuste e fatte in tempo, potevano guarire.

Ti confesso che ci sono stati dei giorni in cui il morale era sotto i piedi perché pensavo alle persone anziane ammalate, sole nei letti d’ospedale e alle loro famiglie che a casa, forse soffrivano ancora di più per non poter essere vicine ai loro cari.

Quando poi la sera tornavo a casa passando davanti all’ospedale di Treviglio, con le strade deserte e il silenzio che era ovunque, mi chiedevo quando mai sarebbe finita, perché per noi medici non riuscire ad aiutare le persone vuol dire sconfitta …
Sai sono stata anche sgridata dalle mie colleghe perché continuavo a visitare i pazienti, ma se non facevo così voleva dire che dovevano aspettare giorni prima di vedere un’ambulanza, perché purtroppo, dopo la chiamata, potevano passare anche 12 ore prima che arrivassero a dare loro assistenza. E quindi voleva dire lasciarle sole.

Lo so, forse sono stata incosciente, ma in quei momenti non ci pensi e la sola cosa che ti gira in testa è che in qualche modo tu puoi essere d’aiuto…

Non è stato facile e non lo saranno nemmeno i prossimi giorni, perché quando sembra che tutto vada bene ti arriva la notizia che un tuo collega pronto ad iniziare una nuova strada è intubato al Papa Giovanni ed è grave e, a quel punto, vieni travolto da un senso di tristezza e angoscia che non puoi descrivere, ma allo stesso tempo ti scrive un’amica che ti manda un’immagine con la scritta: “che voglia: di un tuo abbraccio e di sentirmi dire che andrà tutto bene” e a quel punto fai un sospirone e le dici che andrà tutto bene, che dovremo solo avere pazienza e poi torneremo ad abbracciarci e a sorridere e quando ripenseremo a questo momento dovremo fermarci e riflettere a cosa in questa quarantena ci è mancato realmente e a tutto ciò che di bello ci circonda.

Lo so che il momento è difficile e faticoso ma quello che mi fa andare avanti è un semplice messaggio di ringraziamento da parte di un paziente o quello di un amico che ti chiede come stai e se va tutto bene; alla fine, anche se non siamo tutti nella stessa stanza, non siamo soli e solo in questo modo potremo superare questa difficile situazione.

Valentina

VISITA VIRTUALE DELL’ ORATORIO DI S. ANTONIO

Questo VIRTUAL TOUR ci permette di scoprire fin nei minimi particolari un prezioso bene artistico della prima metà del ‘600 del nostro territorio cassanese: l’Oratorio di S. Antonio di Groppello d’ Adda e il complesso ciclo pittorico di Giovan Mauro Della Rovere detto il Fiamminghino.

Questo prodotto ad alta definizione ci è stato donato da Gianluca Colombi, esperto di realtà virtuale immersiva e servizi multimediali con spiegazione delle opere a cura di Piera De Maestri.

Inizia così la vostra visita virtuale a 360° e vivrete un’esperienza unica: potrete vedere da vicino i particolari della Gloria di S. Antonio della volta, percepire le pennellate e le sfumature contrastanti dei colori caldi e freddi ed entrare nei paesaggi che fanno da sfondo ai tanti miracoli di frate Antonio che conobbe San Francesco d’ Assisi e al quale le folle si rivolgevano per avere conforto dalla peste e dalle malattie del corpo e dell’ anima.

In prima linea tra i malati di coronavirus

Ciao

volentieri condivido queste parole che mi manda Laura, nostra amica e che assieme a Jacopo si occupa dei ragazzi adolescenti.
Da pochi mesi laureata in scienze infermieristiche oggi è in prima linea tra i malati di corona virus.
la nostra preghiera ed il nostro grazie a lei ed a tutto il personale sanitario che si adopera per la nostra salute fisica…e non solo…
Ti aspetto a Messa sul canale YouTube

Il 12 febbraio è stato il mio primo giorno di lavoro, assegnata al reparto pneumo-neuro. Ho conosciuto i miei colleghi, mi sono presentata loro con una stretta di mano. Il 12 marzo diventiamo pneumo-covid. Una terapia sub intensiva per pazienti positivi al coronavirus e bisognosi di ventilazione meccanica non invasiva. Per pazienti in isolamento aereo e da contatto. Per pazienti che il virus ha reso soli da un giorno con l’altro. Ricordo lucidamente la domanda con cui sono entrata in questa nuova dimensione: dove mi porterà tutto questo? Cosa farà di me come neo-professionista e come persona?

Dopo questi 14 giorni, che trascorrono lenti, così lenti quasi a voler lasciare che ogni cosa si sedimenti bene dentro di me, non ho ancora una risposta ma inizio a scoprire innanzitutto che, mai come adesso, il mio essere infermiera e il mio essere persona, il mio io, convivono in ogni istante di ogni turno.

Non che questo renda più semplici le cose, anzi le complica un bel po’! Perché mentre il professionista ha tutto il diritto di fermarsi a un freddo e asettico “è stato fatto tutto il possibile”, l’umano che siamo rimane ferito, impotente, stordito, bisognoso di un senso davanti alla vita e alla morte.

Tuttavia, ho potuto anche sperimentare che quando è la mia persona a prendere il sopravvento, allora anche il mio essere infermiera guadagna una marcia in più.  È il caso del paziente a cui abbiamo insegnato nuovamente a camminare dopo 21 giorni di allettamento e di ventilazione assistita. Con una pazienza e tenerezza materne e una soddisfazione incontenibile. Oppure di quel pomeriggio in cui dopo il terzo ricovero, e altrettanti ancora in arrivo, mi sono scoperta a essere curiosa delle persone che sarebbero arrivate. A smettere di pensarle come letti da riempire, ventilatori da accendere, terapie da preparare e somministrare. Ad attendere di conoscere la loro faccia, i loro occhi, la loro famiglia, la loro casa, la loro storia clinica e non. Una posizione del genere ha permesso che  -l’alleanza terapeutica -, un parolone accademico-universitario finora astratto per me, prendesse la consistenza salda e inattaccabile di un patto tra due umanità che misteriosamente si incontrano e che si trovano a giocare nella stessa squadra la stessa partita.

Dopo questi giorni, si apre un’altra domanda: riuscirà sempre questa umanità a traspirare da dietro camice mascherina e visiera? Reggerà alla fatica, al sudore e alla stanchezza? Chi è a darmela?

So di sicuro che è sostenuta continuamente dalla compagnia che questa situazione sta generando intorno a me. Una compagnia costante nelle mie giornate, data dalla mia famiglia, dagli amici e anche da semplici conoscenti ,che con un messaggio superano i muri della quarantena e mi arrivano accanto. E dai colleghi, che ho imparato a riconoscere spesso dalla voce o dagli occhi e nei quali so di avere degli alleati davvero forti.
Laura M.